L’intelligenza artificiale è la più potente tecnologia generativa della nostra epoca. Non si tratta di un’innovazione di settore, ma di una general purpose technology destinata a permeare ogni ambito produttivo, gestionale e creativo. Il punto non è se l’AI cambierà il lavoro — sta già accadendo — ma come imprese e persone sapranno orientarne lo sviluppo.
In Italia, solo l’8% delle aziende con più di dieci dipendenti utilizza oggi strumenti di AI (Istat, 2024), ma la curva è in forte crescita. Le Apl operano nel cuore di questa transizione, dove la tecnologia incontra la complessità dei comportamenti umani.
Ogni giorno vediamo come l’AI possa ampliare la capacità di analisi, rendere più predittiva la ricerca dei talenti e più efficiente la gestione dei processi. Ma la vera sfida è umanizzarla: perché nessun algoritmo può sostituire la comprensione delle persone, delle loro storie e delle relazioni che creano valore.
Le PMI italiane — il tessuto vitale del Paese — ne percepiscono il potenziale ma faticano a trasformarlo in vantaggio competitivo per mancanza di competenze e risorse. Solo il 20% ha formato almeno un quarto dei propri dipendenti su temi legati all’AI, e appena l’8% la utilizza con continuità (Eurobarometer, 2024).
Le figure più ricercate — business analyst, data engineer, HR specialist, project manager — confermano che la componente umana è il motore del cambiamento.
Servono quindi nuove competenze ibride: non solo tecniche, ma cognitive, empatiche e critiche. L’AI potenzia chi la sa guidare, non chi la subisce. Per questo le Apl hanno un ruolo cruciale: avvicinano le persone alla tecnologia, costruendo ponti tra formazione, impiego e innovazione. Secondo l’Osservatorio Assolavoro Datalab (2025), le professioni digitali e di analisi dati sono tra le più richieste nel primo semestre, ma la domanda supera ampiamente l’offerta.
Il futuro del lavoro sarà più tecnologico, ma anche più umano. L’AI potrà liberare tempo e creare nuovi mestieri, ma solo se sapremo usarla con consapevolezza. Le agenzie per il lavoro sono già protagoniste di questa evoluzione: integrano strumenti di AI per leggere CV, mappare competenze e prevedere fabbisogni, ma restano radicate nei territori, dove il valore nasce dall’incontro tra persone, imprese e comunità.
L’intelligenza artificiale non sostituirà il lavoro: lo trasformerà. Tocca a noi decidere se questa trasformazione sarà inclusiva, equa e generativa di nuove opportunità. Le Apl, per la loro natura di mediatori umani e tecnologici, possono e devono essere il motore di questo cambiamento.
a cura di Marco Valsecchi, Amministratore delegato Synergie Italia
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