VALORIZZARE PER INCLUDERE – Una piccola guida al Disability Management

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Dicembre

Il tema della disabilità riguarda tutti. Così come definito anche dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità: lo stato di Disabilità è una condizione di cui ogni individuo potrebbe far esperienza nel corso della vita.


Facendo sempre riferimento alla definizione di disabilità indicata dalla Convenzione ONU, chiunque, messo di fronte ad un ambiente non consono, può sperimentare una condizione di disabilità.
A partire da quest’impostazione è nato il Disability management: ma cos’è? È un orientamento gestionale che si focalizza sulla persona disabile e sulla sua valorizzazione, che si sviluppa all’interno delle aree e dei processi aziendali, incidendo sulla strategia e la gestione delle risorse umane, con l’obiettivo di adattare l’organizzazione aziendale al fine di accogliere e gestire i bisogni delle persone con disabilità.

La figura del Disability Manager non è stata ancora adeguatamente normata: l’unica Regione Italiana che l’ha riconosciuta è la Lombardia, che ha riportato nel Quadro Regionale degli Standard Professionali le competenze che questa figura deve possedere per svolgere il proprio lavoro.

Oltre la diversità: Il progetto aziendale
Antonia del Vecchio, Psicoterapeuta Disability Manager e responsabile della divisione Synergie68 (specializzata in attività in ambito Legge 68/99), in cosa consiste questo progetto?
L’azienda protagonista di questo progetto è un cliente di Synergie che opera nel settore del lusso a livello internazionale. A seguito di un evento, svolto alcuni mesi fa, dedicato al reinserimento lavorativo di dipendenti dopo una lunga malattia, i referenti aziendali ci hanno incaricato di supportarli nell’implementazione della figura del Disability manager nella loro realtà. Abbiamo quindi messo a punto un progetto nuovo, volto ad intraprendere azioni di sensibilizzazione dell’intera popolazione (600 dipendenti) al tema della disabilità: l’azienda promuoverà il benessere organizzativo anche attraverso l’integrazione della condizione di salute e della malattia delle risorse in azienda.

Il progetto, partito con una survey per far emergere la percezione di salute e disabilità in azienda, prosegue con attività formative rivolte ai manager e al resto della popolazione aziendale ed è volto a favorire un processo di formazione/ informazione e di orientamento. A posteriori di queste attività viene costantemente fatto un “follow up”, una valutazione non solo al termine del percorso ma anche in itinere, per verificare che il cambiamento divenga strutturale.
L’attività di prevenzione alla salute è stata tra le più apprezzate poiché, a causa degli impegni di lavoro, non sempre è possibile tenere sotto controllo la propria salute. Così, regolarmente organizziamo incontri informativi, screening e counseling gratuiti, importanti indicatori sui malesseri aziendali. Il progetto si dà poi l’obiettivo di entrare in sintonia emotiva con ciascun dipendente che decide di partecipare, disposto a mettersi in gioco e consapevole che le attività proposte lo riguarderanno in prima persona. Tra le nostre aspettative c’è l’abbattimento di stereotipi e pregiudizi in tema di disabilità. Vogliamo mettere al centro la persona con disabilità, concentrandoci e valorizzandone le abilità e le capacità. Ci rendiamo conto che sia più “facile” relazionarsi con una disabilità visibile rispetto ad una disabilità – altrettanto invalidante – ma che non si vede. E questa fatica genera diffidenza e situazioni equivocabili, che si ripercuotono su relazioni e performance del team.
Se, all’inizio del progetto, da parte dei dipendenti coinvolti registravamo titubanza e circospezione, durante le attività di follow up abbiamo invece raccolto gratitudine, laddove le persone si sono sentiti parte di un’azienda inclusiva. La diffidenza iniziale è giustificata, quando è in atto un cambiamento.
Il cambiamento genera caos, è faticoso, ma superata questa fase tornano l’ordine e la “normalità”. Le trasformazioni fanno paura perché ci mettono davanti la possibilità di una nuova realtà, che non conosciamo e che necessita di strumenti nuovi.

Antonia, quali sono gli aspetti più significativi di questo progetto?
Sono anni che lavoro nel settore e mi confronto con aziende e candidati: ciò mi ha permesso di verificare che anche i responsabili HR con più esperienza sono disorientati davanti alla gestione delle disabilità e i candidati stessi sono confusi sui loro diritti e doveri. Gli HR talvolta si scontrano con il board, che ancora oggi vede l’inserimento di una persona disabile come un obbligo e non come un’opportunità. I nostri progetti permettono proprio di intervenire in questo livello di complessità. Forniamo alle aziende strumenti utili anche per gestire processi di selezione e per organizzare il proprio team attraverso maggiori conoscenze e con nozioni di psicologia della disabilità. L’azienda prende un impegno nei confronti del dipendente, che vuole essere considerato come risorsa umana nella sua reale accezione, ovvero di valore per le sue competenze e professionalità.
I progetti di Disability management sono importanti anche per il business delle aziende: gli interventi costituiscono infatti un’opportunità di implementazione della propria competitività.
L’azienda si riposiziona su un mercato in continua evoluzione, migliorando la reputazione.
Infine, le imprese divengono responsabili di un sistema sia di protezione personalizzata di un lavoratore sia di un’incidenza positiva sull’intera società.
Il Disability management è focus di un argomento ancora più ampio, quello del Diversity management, pratica gestionale che mira a valorizzare tutti i talenti individuali mettendo in luce anche i vantaggi che ne derivano per l’Organizzazione. Synergie supporta le aziende nell’effettuare una mappatura della cultura organizzativa rispetto al tema della diversità e dei driver emotivi/comportamentali che la guidano, attraverso l’uso di strumenti standardizzati e focus group.
Una volta analizzati i bisogni della popolazione aziendale insieme alla funzione HR definiamo le policies volte all’integrazione dei bisogni e delle peculiarità dei dipendenti in relazione alla diversità. La forza di questi programmi sta nella possibilità di rimodularli in funzione dell’azienda che abbiamo di fronte. Quello che, invece, li accomuna è credere nell’importanza di un cambiamento culturale che nasca dall’alto e che, a cascata, si diffonda sull’intera popolazione aziendale. Si può fare e l’esperienza ce lo dimostra. Il mondo evolve, evolviamo anche noi!

ARTICOLO PUBBLICATO SU DIVERCITY V, DICEMBRE 2019

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